Babbo Natale esiste davvero
Sanja Rotim
Il signor Corrado era un tipo un po’ svogliato e gli piaceva lamentarsi spesso. Lavorava all’ufficio postale, era addetto allo smistamento della posta e a mettere i timbri sulle buste. Era il mese di dicembre e quindi era sommerso di lavoro. “Uffa, tutte queste lettere, non ne posso più. E poi la stragrande maggioranza indirizzate a una persona che in realtà non esiste”, pensò scocciato. Già, come si sarà capito, il signor Corrado Rossi non credeva in Babbo Natale.
Era uno scapolo di quarantacinque anni e di solito passava il Natale da solo e non addobbava neanche l’albero. Regolarmente rifiutava l’invito della sorella a passarlo insieme alla sua famiglia. Ogni tanto Corrado incontrava qualcuno dei suoi amici d’infanzia che ormai erano sposati e avevano dei figli. In quel periodo l’argomento principale delle loro chiacchiere non poteva che essere proprio il Natale.
“Non vedo l’ora che passino tutte le feste, adesso c’è una montagna di lavoro in posta. Non potete immaginare quante persone credulone scrivono a Babbo Natale, come se esistesse veramente”, disse agli amici sbuffando. “Ma certo che esiste, Corrado, che fesseria stai dicendo? E dovresti anche essere onorato che
tutte quelle lettere indirizzate a Babbo Natale passino proprio per le tue mani, in pochi hanno quest’onore, caro mio”, gli rispose uno degli amici. “Non mi vorrete dire che ci credete anche voi? È tutto una buffonata, Babbo Natale, la slitta, le renne, i regali…”, protestò. “Scommettiamo che esiste”, gli propose uno di loro non pensando veramente a una vera scommessa, ma soltanto a un modo di dire.
Corrado sentendo quelle parole rimase in silenzio per un paio di minuti a pensarci e poi annunciò: “Sapete che cosa vi dico, vi farò capire che Babbo Natale non esiste, vi porterò una prova. Si tratta soltanto di un tizio che si mette il vestito rosso e si fa chiamare in quel modo. Chiunque di noi potrebbe essere Babbo Natale. E il mondo intero deve saperlo così la smetteranno una volta per tutte di illudersi e scrivere quelle ridicole letterine”.
“E come pensi di fare? Lo rapisci, forse?” gli amici non prendendolo sul serio provavano a metterla sul ridere e a scherzare un po’. “Sì, se è necessario. Adesso mi sono reso conto che quest’anno non ho neanche usufruito dei giorni di ferie. Li prenderò adesso e vado nel paese del cosiddetto Babbo Natale. Ve lo porterò qui
in carne e ossa e vi confesserà che è soltanto un imbroglione”, disse deciso battendo il pugno contro il tavolo. “Ah, ah, Corrado, ci fai proprio ridere. Metti Babbo Natale su un aereo e lo porti qui, ah, ah, ah”, continuarono a scherzare gli amici increduli.
Non sapevano che Corrado faceva sul serio! Così veramente chiese le ferie al direttore delle poste che inizialmente non voleva concedergliele. Poi, nonostante non fosse proprio il miglior periodo per le vacanze vista la quantità di lavoro, le ferie vennero accordate.
Corrado iniziò a elaborare il suo piano. I suoi amici avevano ragione, non poteva mettere Babbo Natale su un aereo in mezzo agli altri passeggeri, ma come avrebbe potuto portarlo via altrimenti? La Lapponia distava parecchio e in auto era un’impresa quasi impossibile arrivarci, specialmente d’inverno. All’improvviso gli balenò un’idea. Andò in un negozio ben fornito di articoli sportivi e per campeggio che vendeva anche le mongolfiere. Ne scelse una di piccole dimensioni. Gli spiegarono che aveva tutte le caratteristiche di quelle più grandi ma essendo così piccola non avrebbe avuto problemi per l’atterraggio in qualsiasi posto. Prese anche una tenda, un sacco a pelo, una bussola e il kit per la sopravvivenza. Poi vide le mazze da hockey e ne comprò una.
Quel giorno partì di buon mattino, in precedenza aveva studiato bene la cartina e sapeva che doveva dirigersi verso Nord. Si coprì bene per difendersi dal freddo. Non gli fu difficile condurre la mini-mongolfiera e così atterrò in Lapponia. In un primo momento restò molto deluso, intorno a lui c’erano soltanto boschi coperti di neve anche se vide di sfuggita due bellissime alci. Si sarebbe aspettato di trovare un paese pieno di luci e addobbi, ma lì non c’era neppure una persona in giro.
All’improvviso davanti a lui si materializzò un uomo dalla barba lunga e bianca, ma non indossava un vestito rosso. “Non può essere quell’imbroglione di Babbo Natale”, pensò Corrado. “Buongiorno, io sono una guardia forestale, si è smarrito forse?” gli chiese quel signore dalle sopracciglia folte guardando incuriosito la piccola mongolfiera. “Non mi sono perso ma sto cercando Babbo Natale”, gli rispose Corrado. “Allora ha sbagliato paese”. “Ma come, questa non è la Lapponia?” chiese deluso. “Certo, ma la Lapponia svedese. Lei deve andare in Finlandia, là c’è Babbo Natale. Deve proseguire verso est, non è tanto lontano”, gli spiegò la guardia.
Corrado ringraziò e fece alzare in aria di nuovo la mongolfiera e seguendo la bussola riprese il suo viaggio. Dopo un po’ notò in basso uno scintillio di luci colorate e capì all’istante che era arrivato a destinazione. Quello senza dubbio era il paese di Babbo Natale. Si preparò per l’atterraggio. Una volta sceso dalla mongolfiera si sistemò nel bosco che circondava il paese e montò la tenda. Era nonostante tutto curioso di visitare questo paese del finto Babbo Natale e così fece un giro cercando di scoprire dove si trovasse la casa di Babbo Natale. Doveva ammettere che l’atmosfera era alquanto piacevole, per non dire magica. Oltre alle migliaia di luci che illuminavano le vie, i negozi e le case si sentiva una gradevole musica natalizia in sottofondo e il profumo dei biscotti alla cannella provenire dalle pasticcerie che gli fece risvegliare l’appetito. Inoltre, c’erano le file di casette di legno che vendevano i souvenir natalizi e offrivano ai passanti il vin brulè
per scaldarsi.
Corrado stava cercando un bar dove avrebbe potuto mangiare un panino ma rimase di stucco vedendo davanti a sé qualcosa di inverosimile. I pupazzi di neve camminavano per strada e pure si fermavano a salutare e parlare con la gente! “Ci deve essere un trucco”, pensò Corrado sbalordito. Poi notò un enorme campo sportivo con otto renne che correvano avanti e dietro e saltavano gli ostacoli.
“Diamine, quante cose strane succedono qui”, rimuginò sbigottito. Trovò un bar e ordinò un panino. Doveva anche scaldarsi un po’, fuori nevicava e faceva molto freddo. Iniziò a chiacchierare un po’ con il cameriere. Sapeva che non doveva chiedere direttamente di Babbo Natale per non insospettire ma chiese delle renne. Non riusciva a capire perché saltellassero in quella maniera sul campo. “Si vede che non è di qui. Le renne si allenano per essere pronte al viaggio della Vigilia di Natale, devono essere in forma”, gli rispose seriamente il cameriere.
“Certo, certo”, replicò Corrado, cercando di non sembrare scettico. Poi il cameriere notò il suo zaino dal quale spuntava la mazza da hockey e gli disse: “Temo che qui non troverà un posto per giocare a hockey, qui va di moda il pattinaggio”. “Non c’è problema, troverò un altro modo per svagarmi”. Uscito dal bar, Corrado continuò il giro del paese e notò l’ufficio postale, un ambiente per lui molto familiare. “Tutte quelle lettere allora arrivano prima qui”, pensò, “chissà quanto lavoro hanno, non vorrei essere nei loro panni”. Mentre lui borbottava tra sé e sé, dall’ufficio postale uscirono quattro elfi trascinando enormi sacchi. “Adesso anche gli elfi, non è possibile”, pensò confuso Corrado. “Gli elfi in realtà non esistono, ma quelli cosa sono allora? Semplicemente uomini di bassa statura che indossano strani vestiti e un cappello verde? Però hanno le orecchie appuntite che non contraddistinguono certo il genere umano. Forse sono degli animali particolari? Non devo perdere tempo e scervellarmi troppo. In ogni caso non ho scommesso sull’esistenza degli elfi ma di Babbo Natale”, pensava Corrado che si
sentiva sempre più confuso e disorientato. Sapeva dai racconti che gli elfi portavano la posta a Babbo Natale così decise di seguirli per scoprire dove abitava. Gli elfi si fermarono davanti a una bella casetta ai margini del bosco.
Corrado si nascose dietro un grande albero. “Babbo Natale, la posta di oggi”, sentì dire dagli elfi. Corrado aspettò finché non si allontanarono e poi entrò nella casa senza bussare e tenendo in mano la mazza. “E tu chi sei, figliolo?” gli chiese Babbo Natale abbassando gli occhiali. “Mi chiamo Corrado e non chiamarmi figliolo”, gli rispose Corrado sgarbatamente. “Per me siete tutti miei figlioli. Non sai quante lettere ricevo anche dalle persone grandi come te”. “Certo che lo so e sono qua proprio per questo. Lo so bene che sei un imbroglione e che non esisti veramente”, Corrado iniziò il suo discorso. Babbo Natale lo interruppe: “A volte vi danno veramente troppo vin brulè, non sai cosa stai dicendo. Bisogna andarci piano con il vino”.
“Io so bene che cosa sto dicendo e questa non è una visita di cortesia. Vedi questa mazza? Se adesso non vieni con me ti colpirò. Basta un colpo!”. “Ma figliolo…”, Babbo Natale preoccupato si rese conto che questo sconosciuto aveva cattive intenzioni. “Ti ho detto di non chiamarmi figliolo”, Corrado alzò la voce. “Ma tra qualche giorno è Natale, devo finire di leggere le letterine, devono preparare i regali, come faccio ad abbandonare la mia casa proprio adesso?” protestò Babbo Natale che aveva così tanta paura da poterla leggere nei suoi occhi. Non poteva rischiare di farsi del male, che cosa sarebbe stato del mondo, dei bambini e dei loro sogni. Così ubbidì e segui quel tipo scontroso che gli diede pure un mantello nero per coprirsi bene e non essere riconosciuto in giro.
“Dove hai intenzione di portarmi?” “Prima andiamo nella mia tenda. Se ti viene in mente di provare a scappare o a urlare ricordati della mia mazza. Poi torneremo nel mio paese con la mongolfiera e tu confesserai a tutti che sei un imbroglione. Allora ti lascerò andare dove vuoi”, gli disse Corrado. Babbo Natale ubbidì, capì che il tizio faceva sul serio. Una volta arrivati alla tenda Corrado si rilassò un po’, il suo piano stava funzionando alla grande. Era riuscito a trovare e rapire quell’imbroglione di Babbo Natale. Così fece con lui due chiacchiere. “La slitta dovrebbe partire tra due giorni, io non ho finito di leggere tutte le letterine e se mi tieni qui sarà un disastro mondiale quest’anno. La slitta da sola non spiccherà il volo”, Babbo Natale trovò il coraggio di dire.
Sentendo quelle parole a Corrado venne un’altra idea. “Sai cosa ti dico, cambiamo piano. Invece di confessare ai miei amici che sei un imbroglione devi sostenere che sei il vero Babbo Natale come hai fatto con me. Arriveremo a casa mia prima di Natale e ti presenterò a loro, ma la notte di Natale sarai rinchiuso in una stanza e i miei amici lo sapranno. Così quando mi diranno che il giorno di Natale hanno trovato i regali sotto l’albero allora sì che capiranno che non li hai portati tu, se eri da me”. “Figliolo, figliolo…”, non riuscì a trattenersi Babbo Natale.
Il giorno dopo gli elfi portarono altri sacchi alla casa di Babbo Natale e si accorsero che stranamente non c’era e i sacchi con la posta del giorno precedente non erano stati aperti. Allora capirono che era successo qualcosa di molto strano. Iniziarono a cercarlo prima per le vie del paese, poi in tutte le case e chiamarono pure l’ospedale. Non c’era nessuna traccia di lui e nessuno sembrava averlo visto.
“Questa è un’emergenza. Sapete cosa vi dico, mi metto io a leggere le lettere, voi continuate a cercarlo”, disse il capo degli elfi. E mentre il capo leggeva le letterine e gli altri elfi lo cercavano disperatamente, Babbo Natale era nella tenda con Corrado e gli scappò qualche lacrimuccia. “Domani sera tutti si raduneranno sulla piazza principale per il grande evento, arriveranno le renne, la slitta con i regali, ma la slitta senza di me non partirà. Tutti rimarranno così delusi. I miei bambini…”
Queste parole detestarono curiosità in Corrado. “Senti, voglio proprio vedere questo evento. Aspettiamo domani sera e poi partiamo con la mongolfiera come ti ho già spiegato”. Così passò un altro giorno e arrivò la Vigilia di Natale. “Mettiti ancora il mantello nero e andiamo a vedere questa buffonata in piazza”, ordinò a Babbo Natale. Arrivarono in piazza e nessuno riconobbe Babbo Natale vestito di nero. Puntualmente arrivò la slitta strapiena di regali trainata dalle otto renne. Erano le stesse che Corrado aveva visto quel giorno allenarsi nel campo. “Tutto questo non è possibile”, pensò Corrado. Poi vide il capo degli elfi che saliva sulla slitta. “Oh, il mio elfo valoroso, prenderà lui il mio posto”, disse Babbo Natale con sollievo a bassa voce. E poi in un attimo come per magia la slitta spiccò il volo lasciando dietro di sé una scia luminosa. Corrado rimase a bocca aperta.
“Ma vola veramente! Allora tu sei vero, tu sei Babbo Natale!” disse incredulo. Babbo Natale non replicò ma il suo silenzio era molto eloquente. “Senti, non abbiamo un attimo da perdere, corri”, ordinò Corrado a Babbo Natale. “Dove devo correre adesso?” “Devi salire su quella slitta, che Natale è senza Babbo Natale?” “Ormai è troppo tardi, la slitta non torna indietro”. “La rincorriamo con la mongolfiera”. Così Babbo Natale riuscì a raggiungere la slitta lasciando a bocca aperta il capo degli elfi. “Babbo Natale, ma che fine avevi fatto? Mi scuso, ma non avevo altra scelta, ho dovuto sostituirti”. “Hai fatto bene, mio caro elfo”. “E chi era quel signore che ti ha portato qui con la mongolfiera?” “Una pecorella smarrita, una persona che aveva bisogno di aiuto. Credimi, ne è valsa la pena, nonostante tutta questa confusione”.
Corrado fece in tempo ad andare a festeggiare il Natale dalla sorella. Non vedeva l’ora di raccontare ai nipoti che aveva conosciuto personalmente Babbo Natale, ma loro naturalmente pensavano che scherzasse. “Sei diventato spiritoso, zio Corrado, ah, ah”. Già, la storia sembrava inverosimile e Corrado non insistette. Anche quando incontrò i suoi amici alla domanda se avesse trovato quella prova che cercava rispose che era staro tutto uno scherzo e che si era preso una settimana di ferie per riposarsi restando a casa.
I mesi passarono alla svelta e arrivò di nuovo il mese di dicembre. Corrado era ancora sommerso dal lavoro in ufficio postale, ma non gli pesava più come una volta. Metteva volentieri i timbri sulle buste pensando affettuosamente al destinatario. Poi ne prese una e timbrò sorridendo. Sulla busta c’era scritto il nome del mittente: Corrado Rossi.

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