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Editoriale del n°5 de “Il Pepe Verde“, rivista di letture e letterature per ragazzi – Settembre 2000
di Ermanno Detti e Antonio Leoni

 

Cari lettori,
La Biblioteca di Anagni lavora molto con le scuole e con gli insegnanti per tutto l’anno e la ragione è semplice: prima di formare un lettore autonomo nei gusti e nelle scelte, che venga in biblioteca a prendersi i propri libri, bisogna formare un lettore che sappia leggere. La scuola è fondamentale, in quanto da un lato crea le capacità della lettura e dall’altro, se ci sono educatori illuminati e preparati, imposta le condizioni per cui questa attività sia piacevole, accettata e richiesta come altre attività che si propongono.
Eppure non è sempre così: anche in quei casi in cui ci sono tutte le condizioni ambientali favorevoli, alcuni bambini presentano difficoltà e di conseguenza avversione verso la lettura.
Negli anni la nostra attività ha sempre avuto un pensiero ricorrente anche verso chi non sa leggere, o legge male, e andando a ritroso dei cicli scolastici, abbiamo allargato le nostre ricerche e i nostri interventi ai bambini della scuola dell’infanzia.
Se un problema, una differenza si crea nel momento dell’ingresso a scuola sulle abilità di lettura e scrittura, la causa, o le cause vanno trovate a monte, nell’età appunto della pre-lettura.
A questa età, dai tre ai cinque anni, si consolidano molti strumenti e strategie mentali che potranno o non potranno essere poi utilizzate in futuro al momento dell’approccio con la lettura/scrittura.
Proviamo a riassumerle. Requisiti per leggere e scrivere, in assenza di deficit fisici accertati, dovrebbero essere:
– la discriminazione ed il riconoscimento fonetico di singole lettere dell’alfabeto o di gruppi di lettere;
– la capacità di associazione dei segni scritti con il loro suono;
– la capacità della riproduzione grafica consapevole del suono dato dalla lettera o da gruppi di lettere.
Questi requisiti portano alle abilità fonetiche che vanno potenziate con forza dalle famiglie e dagli educatori della scuola dell’infanzia.
Siamo fautori della lettura precoce e d’altra parte non siamo affatto convinti della validità a tutti i livelli del metodo della lettura globale: i bambini anche piccoli possono leggere parole intere e comuni, proprio perché le hanno memorizzate graficamente attraverso tanti canali comunicativi, dalla pubblicità alla cartellonistica, ma per arrivare alla consapevolezza linguistica non si può eludere lo scoglio delle abilità fonetiche. Viceversa assistiamo a bambini che “inventano” grossolanamente le parole secondo il contesto che presenta la narrazione e che scrivono delle lettere al posto delle altre, proprio perché non hanno abilità di discriminazione e associazione fonetica.
Per assurdo, questo aspetto così importante non viene affrontato dovutamente prima dell’ingresso scolastico ed è dato quasi per pacifico, come un’acquisizione naturale dei bambini, dei più bravi naturalmente.
Il bello è che le maestre delle scuole elementari dicono assolutamente di non insegnare la lettura prima dei sei anni, anzi di non accostare il bambino a nessuna occasione anche indiretta di apprendimento del linguaggio scritto: “si perde la sorpresa, la curiosità, si annoiano”, dicono. Ma che vuol dire? A nostro avviso si fa un grandissimo danno ai bambini, specialmente a quelli più svantaggiati che invece, con un’azione puntuale in questo senso potrebbero partire con le stesse capacità degli altri.
D’accordo con un gruppo di maestre che già da quest’anno hanno lavorato in questo senso con noi all’interno di un progetto chiamato “Scuola creativa”, proporremo alla scuola dell’Infanzia alcuni interventi mirati al potenziamento delle capacità fonetiche.
Uno degli ambiti privilegiati di tali interventi sarà sicuramente la proposizione regolare ed organica delle filastrocche e delle poesie. Sembra infatti ormai accertato che l’impegno, gioioso per altro, dei bambini nell’ascolto, nella memorizzazione e nell’invenzione di conte, filastrocche e poesiole aiuti moltissimo le loro abilità, in quanto li allena all’uso della rima, dell’allitterazione e dell’assonanza, tutti elementi ricorrenti nell’attività successiva della lettura e scrittura come memorizzazione e riconoscimento di lettere simili, diverse e intercambiabili.
L’onere sarà enorme perché quasi nessuno dice più costantemente poesie ai bambini: i genitori d’oggi non conoscono più quelle poche filastrocche, in genere del tempo libero, che sapevano le nostre nonne. Inoltre c’è stata quasi una battaglia ideologica contro le poesie da imparare a memoria, anche nella scuola, come un tipo di insegnamento autoritario, contrario alla spontaneità e alla libertà del bambino. Noi crediamo invece che si è prodotto un vuoto culturale difficile da recuperare, basti vedere quanti pochi scrittori per bambini si dedicano costantemente alla poesia. A parte i “grandi” di spicco: Rodari, Piumini, Formentini, Orengo, Scialoja, Gandini, Pinin Carpi e pochi altri, non c’è, in Italia, così come invece in altre nazioni, tra cui spicca l’Inghilterra, un tessuto, magari più artigianale, ma costante di produzione poetica per bambini che venga assimilato all’interno della nostra cultura. Un aspetto positivo, paradossalmente dal mondo multimediale: il sito internet www.filastrocche.it, che raccoglie canzoni, conte, filastrocche, indovinelli, scioglilingua, ecc.
Non so se colpiremo totalmente nel giusto con questo tipo di intervento, tuttavia non siamo i soli a pensarla così e per ulteriori approfondimenti di questo problema rinviamo a due testi con cui quest’editoriale è stato in parte in notevole consonanza. Il primo, Problemi di lettura nei bambini di Peter Bryant e Lynette Bradley, Edizioni Anicia, Roma, 1996, un testo straniero che, unica tra gli Italiani, cita la Montessori che già ai suoi tempi aveva avuto l’intuito dei percorsi multisensoriali di lettura e scrittura, un metodo che prevedeva il riascolto sillabico di quanto si scriveva. Il secondo, Le difficoltà di apprendimento a scuola, scritto da Cesare Cornoldi, Edizioni Il Mulino, Bologna 2000, individua, in forma chiara e sintetica come i problemi di dislessia siano connessi con le abilità fonetiche che si acquisiscono nei primi anni di vita, confermando ulteriormente la nostra idea.