Due amici e un paio di corna
Sanja Rotim
C’era una volta un bosco chiamato “Le foglie sonanti”. Questo bosco era proprio particolare. Il suo nome era dovuto al fatto che le foglie dei suoi alberi erano in grado di produrre una melodia armoniosa. Proprio così, si muovevano in sintonia e l’intero bosco emetteva un suono molto piacevole all’orecchio e che si poteva udire anche da lontano. Ogni tanto appariva anche la Fatina del bosco vestita di foglie colorate a seconda della stagione. In primavera ed estate verdi, in autunno gialle o arancioni, invece in inverno i suoi vestiti erano fatti di aghi. I suoi capelli lunghi erano adornati da qualche fiorellino e petalo di rose che si muovevano con il soffiare del vento. Era sempre bella, con il sole, con il vento o con la pioggia. Anche lei canticchiava sempre allegra e salutava i suoi amici animali.
Gli abitanti del bosco andavano tutti d’accordo. Si frequentavano passando tanto tempo insieme, festeggiavano il Natale e i compleanni in grande armonia con la presenza di tutta la comunità. Non può sembrare strano che questo bosco così bello era diventato la meta preferita degli escursionisti, delle famigliole che nei fine settimana facevano il picnic e degli atleti che facevano esercizi e jogging per tenersi in forma.
I visitatori del bosco erano sempre contenti quando avevano la fortuna di scorgere qualche animale. “Mamma, mamma, guarda che scoiattolo carino”, dicevano i bambini. “C’è un coniglio, veloci venite a vedere. Oh, che peccato, è scappato via”. “Un riccio, che buffo che è!” “Ragazzi, un po’ di silenzio. Guardate che meraviglia quel cervo. Mi avvicinerò un po’ per cercare di scattargli una foto. Speriamo non scappi via.” Sentire queste frasi era frequente nel bosco. E gli animali erano contenti perché sapevano di piacere alle persone e che la loro presenza era molto gradita.
Tutti, tranne il cinghiale Guido. Si era accorto che i visitatori del bosco avevano paura di lui. Lui faceva di tutto per attirare la loro attenzione, grugniva e si lisciava il pelo, voleva farsi vedere da vicino, ma la loro reazione sembrava sempre di paura e persino di disgusto. Questa cosa lo rattristava molto e decise di confidarsi con la Fatina del bosco perché lei era sempre saggia e brava a dare consigli ai suoi animali. “Guido, tu sei un po’ massiccio e chi non ti conosce bene magari potrebbe pensare che sei pericoloso. Quando vedi le persone è meglio se stai in silenzio e non ti avvicini troppo a loro. Vedrai che non avranno più paura di te. Figurati che non hanno paura neanche dell’orso Bruno che è sempre tranquillo”. “Se lo dici tu”, rispose il cinghiale. “E poi sei bello come sei”. “Questa cosa me la dice sempre la mia scrofa Anita”, le sorrise il cinghiale, ma non sembrava convinto. “Adesso vado dall’orso Bruno a vedere come se la passa lui”, disse la Fatina del bosco e si allontanò canticchiando.
Il cinghiale rimase un po’ pensieroso. I giorni seguenti provò a seguire il consiglio della fatina. Ma, secondo lui, non poteva funzionare. Forse non avevano più così tanta paura di lui, ma nessuno lo guardava in modo affettuoso come guardavano il cervo Roberto, il suo miglior amico. Aveva notato che volevano sempre fotografarlo. “Sarà per via di quelle corna. Se solo le potessi avere anch’io!” pensò tristemente il cinghiale Guido. Lui e il cervo Roberto non avevano segreti, così decise di confidarsi con lui. “Roberto, mi puoi dire cosa si prova quando capisci che piaci alla gente? Com’è avere quelle corna meravigliose?” chiese al cervo. “Uguale come avere le zanne per te, credo, ah, ah”, rispose il cervo ridendo. “Tu scherzi, ma non sai come soffro io per questa cosa. Se solo avessi le tue corna!”. Il cervo Roberto rimase dispiaciuto anche se non aveva capito perché il cinghiale desiderava così tanto le sue corna.
Il tempo passava e il cinghiale Guido non diventava più sereno. Così al cervo Roberto venne un’idea. Si avvicinava il Natale e questo periodo era sempre gioioso per gli animali del bosco. Come al solito si doveva decidere quale potesse essere l’albero da decorare per Natale che poi andava allestito nel migliore dei modi. Si preparava una bella tavolata, ognuno di loro portava qualcosa. La volpe era un’ottima cuoca e faceva i ravioli con diversi ripieni, tutti da leccarsi i baffi. Si
faceva anche il presepe vivente. L’orso Bruno cedeva volentieri la sua tana, tanto dopo le feste si sarebbe messo a dormire. A Natale era sempre presente anche la Fatina del bosco, le foglie degli alberi suonavano e lei si univa agli animali canticchiando: “Tu scendi dalle stelle…”. Da un po’ di tempo si erano accordati di non fare i regali tra di loro, ma c’era sempre qualcuno che portava qualche pacchettino.
Questo Natale il cervo Roberto portò una scatola impacchettata con la carta decorata e la porse al cinghiale. “Per te, amico, non mi piace vederti triste”, gli disse. Il cervo Roberto sembrava un po’ diverso dal solito. “Abbiamo detto basta regali, quello che è importante è stare insieme”, gli sorrise il cinghiale, ma
aprì impazientemente la scatola. E indovinate, indovinate: dentro c’erano le sue corna!. “Adesso ho capito perché mi sembravi diverso. Non hai le corna! Amico, grazie dal cuore, ma non posso accettare. Cosa fai tu senza le tue corna?” disse il cinghiale evidentemente sorpreso e commosso. “Non ti preoccupare per me, amico mio, tanto mi ricrescono. Nel giro di un anno le avrò ancora grandi come prima. Se pensi che sarai più felice così te le cedo volentieri. Ma ho qualche dubbio, purtroppo”. “Non penserai ti metterti queste ridicole corna?” gli chiese la scrofa Anita incredula. “Vedremo, vedremo se sarò più bello”, le rispose il cinghiale con il sorriso stampato in faccia.
“Guardate, guardate, c’è la slitta con Babbo Natale”, il coniglio indicava il cielo. “Quelle due sono le mie cugine dalla Finlandia”, disse il cervo riconoscendo le renne. “Beati i bambini, tutti quei regali”, disse lo scoiattolo. Iniziavano a cadere i primi fiocchi di neve e tutto sembrava così magico. “Buon Natale, amici, a tutti quanti. È bello far parte di questo meraviglioso bosco”, l’orso Bruno fece il discorso. “Buon Natale”, risposero in coro.
Passate le feste, il cinghiale Guido si mise quelle corna. Era tutto fiero di sé, sfilava avanti e indietro sui sentieri del bosco noncurante delle risate degli altri animali. Solo il cervo Roberto lo guardava con compassione. Il cinghiale voleva avvicinarsi adesso di più alla gente. Potevano pure fotografare anche lui adesso!
“Ma che razza di bestia è quella?” aveva sentito le persone dire. Sembravano ancora più spaventate di prima. “Scappiamo, veloce”, dicevano impauriti. Dopo qualche giorno, il cinghiale tornò dal cervo e gli rese le corna.
“Grazie, amico, non mi servono più. Ho capito che non posso mai essere un altro, devo accettarmi così come sono. E sai cosa ti dico: Non voglio neanche cambiare radicalmente il mio aspetto. Sai che con le corna non piacevo più alla mia scrofa Anita. In più c’era quel cinghiale Ugo che le girava intorno, la guardava in continuazione e lei iniziava a sorridergli. Mi sono preoccupato di perderla. Resto come sono e seguirò i consigli della Fata del bosco. Lei è sempre così saggia”.
“Che bella notizia che mi hai dato. Ti confesso che non piacevi neanche a me con le corna, amico”. “Dovevi dirmelo subito, ah, ah. Ma con questa storia ho capito anche che grande amico che sei”, gli disse il cinghiale facendo un occhiolino. “A presto, amico mio”. “A presto”.
Il cinghiale tornò dalla sua scrofa che fu veramente felice di vederlo senza corna. I giorni seguenti il cinghiale seguì il consiglio della Fata e non si avvicinò troppo alle persone. Da allora vissero tutti felici e contenti e le foglie degli alberi non hanno ancora smesso di suonare.

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