Il gallio e l’indio
Vito manda questa filastrocca (28 gennaio 2002).
CERIO una volta un GALLIO sempre in LITIO
con un INDIO, per vecchio JODIO di razza.
(la questione è nota in tutto EUROPIO,
GERMANIO essendo l’un, l’altro POLONIO).
E quanto più costui fuggia LANTANIO
tanto più il GALLIO gli correa GLICINIO,
per giocargli ogni giorno qualche ITTRIO
di NIOBIO genere, e ne avea di quelli
che cercarli parea con l’ALLUMINIO.
Ora a beffarlo gìa, TORIO in ZIRCONIO,
col dir che avea le gambe di SELENIO,
ora si introducea nel suo PALLADIO
a scopo di RUBIDIO, or gli metteva
ARSENICO ed ogni sorta di POTASSIO
nel PLATINO di RAME, ove già stava
preparato il MAGNESIO per la cena.
Poi vi facea su qualche RUTENIO
e STRONZIO infin (scusatemi l’ITTERBIO)
peggio che s’egli fosse stato al CESIO.
Mai levava però dal buco URANIO,
perchè in CADMIO quell’altro facea l’INDIO
CROMO se il fatto non FOSFORO suo,
ligio all’ERBIO che dice: “La parola
è d’ARGENTO e il SILICIO è d’ORO”.
E poi che un bel tacer NEON fu mai CRIPTO
BISMUTO ei stava, con stoicismo degno
del filosofo IDROGENO e pensava:
“Io non MERCURIO più di TANTALIO
d’inezie, che alla fin valgono un BORO;
già, RODIO di SAMARIO in ciel non vola!”
BARIO tempo passò, ZINCO un bel giorno
perduta alfin da XENO la pazienza,
l’INDIO cambia registro, e MOLIBDENO
un magnifico AZOTO al petulante.
Rispose il GALLIO con un CALCIO, n’ebbe
così OSSIGENO un bel vivace ITTERBIO.
L’INDIO esclamò, FLUORO di sè dall’ira:
“OSMIO son STAGNO delle tue insolenze!
Perchè CARBONIO sì, ma non tre volte,
pur di me più CESIO, io non ti temo”.
E in ciò dir, diè di piglio a un MANGANESE
di duro FERRO, poi precipitossi
di PIOMBO sul rival, come un TITANIO,
e cominciò senz’altro a picchiar SODIO
e battergli, per così dir, il SOLFO
come un tappeto. Ma tutto questo è NICHEL,
perchè, fattogli un TALLIO nel TELLURIO
con RODIO gli mangiò tutto il DISPROSIO
e dopo tal vittoria prese l’ARGO
per non dover finire in BROMO petri.
Cadde il GALLIO in VANADIO pel dolore
e fu quasi in BERILLIO di morirne.
SCANDIO enorme ne nacque in mezzo a CLORO
che avean fatto CURIO alla baruffa.
Però concluse ognun: “Peggio per ELIO”.
E imperfetto restò per sempre il GALLIO
fra l’IRIDIO di tutte le galline.
Tal favola ci dà come ANTIMONIO
la seguente moral: “Non fare ad altri
quello che tu non WOLFRAMIO a TULIO”.