La contesa dei colori
Ecco la filastrocca di Fata Turchina (1 gennaio 2013).
Non sempre la pace ha regnato nei cuori
una volta la guerra distruggeva i colori.
Non ci crederete ma lo so di sicuro
a quel tempo il colore di tutti era solo lo scuro.
Ciascuno di loro si credeva perfetto
“Io sono il migliore!”- da tutti era detto.
E nelle diatribe per mostrar perfezione
ciascun peggiorava la crudele tenzone.
Il Verde, poiché’è risaputo ch’è il color della vita,
credeva di vincere l’ignobil partita:
“Erbaggi e speranza sono del mio colore,
ed ogni animale senza il Re verde muore!
Poiché all’erbivoro do la mia erbetta
costui al carnivoro per cibo poi spetta!”
“Ma solo alle capre e al mangiar sai pensare?”
Era il Blu che emergeva dal profondo del mare.
“E l’acqua ed il cielo? Guarda giù e guarda su!
Sia sopra che sotto chi predomina è il blu!”.
E tutto bagnato asciugandosi al sole:
“È il color della pace… peste a chi non ne vuole!”
Il Giallo infischiandosene di queste parole:
“Siete matti ragazzi? Io ho il colore del Sole!
E le stelle e la Luna non adorano il giallo?
Suvvia che seriosi! Il giallo è uno sballo!
È il color della gioia, di ogni diletto…
Sono io il vincitore, solo io il prediletto!”.
Da un tramonto infiammato parlò l’Arancione:
“Lode a me, solo a me, perché le cose buone
Sono più vitaminiche e producono forza…
Le carote, le zucche…e l’arancia non smorza
la salute che è dentro i corpi vitali…
li rigenera e quindi son dei bei capitali!”.
“Ma che dite?”. Un boato. Era il Rosso a gridare.
“Colorini sbiaditi…vi dovrò sopportare?
Sono il sangue e l’amore, la passione ed il fuoco!
E se il sangue fiammeggia nel cuor non è poco!
Si alimenta il coraggio…si sprigiona la vita!
Rosso è tinta nel cosmo certamente più ambita!
“E muà?”- disse il Viola con accento francese
ch’è da sempre un parlare oltremodo cortese
“Je suì sage, je suì ruà…ossì l’autoritè!
Oh…pardonnè muà… non sapete il fransè?
Non importa…vi dico con buona creanza
che dovete onorarmi o vi taglio la panza!”.
“Che urli, che strepiti, che insulso parlare…
È me che dovete in alto portare!
Il silenzio e la calma sono mie qualità!”
Perorava Indaco… “Chi lo vuole nega’?!
Sono calmo e sereno come la riflessione,
il pensiero, il crepuscolo…non ho dubbi, ho ragione!
Come l’acqua profonda porto pace interiore…
Non intendo sentire sciocchezza ulteriore!”.
Si picchiavano… strilli, minacce e strattoni:
per anni e decenni questi furono i toni.
Finché un tuono una volta irruppe improvviso
preceduto da un fulmine dal paradiso.
Una pioggia violenta pose fine ai clamori
e piovve e tuonò, lampeggiò, e i colori
si strinsero a scudo impauriti a guaire!
Boati e baleni li fecer zittire.
“Che sciocchi che siete, così a guerreggiare!
Ognuno ha di certo un particolare!
Ognuno è prezioso per quello che apporta
Stringete le mani!”. È la pioggia che esorta
a elevarsi nel cielo in forma di arco.
“Che formi un gran ponte e sotto un bel varco!
Un passaggio alla pace ma anche al futuro
che convinca noi tutti che nessuno è scuro
ma siamo descritti da tutti i colori….
i più disparati per congiungere i cuori
e vivere in pace con l’ovvia speranza
che dell’amore nessuno stia senza”.
Per questo motivo, dopo ogni acquazzone,
insieme i colori si danno un bacione!
E a quello schiocco chi può fare a meno
di innamorarsi dell’arcobaleno?