La banda dei notturni

La banda dei notturni
di Domenica Luciani
Feltrinelli
2000
II Premio Città di Guidonia 2001
Betta ribelle civetta
– Svegliati Betta! -, disse mamma civetta alla piccola civetta addormentata. – E’ ora di scuola!
Betta aprì un occhio scrutando fra le fronde della quercia. La faccia tonda della luna sorvegliava il bosco silenzioso.
– E’ ancora buio! – protestò Betta sporgendosi dal nido.
– Vorrai dire ‘è già buio’! – disse mamma civetta. – E perciò è ora di alzarsi…
Alzarsi ora! Quando tutti gli altri uccelli dormivano saporitamente al calduccio nei loro nidi.
Cioè tutti tranne le civette e gli altri uccelli notturni: gufi, allocchi e barbagianni. Uccelli che vivono di notte e dormono di giorno. ‘Una banda di uccelli disgraziati’, pensò Betta.
La piccola civetta sbadigliò, fece una boccaccia alla luna e tornò a rintanarsi nel soffice nido. La mamma sbatté le ali spazientita:
– Alzati o perderai la scuola di volo! – insisté.
– E’ pericoloso volare al buio! – gridò Betta.
– Sciocchezze! – esclamò la mamma. – Noi uccelli notturni vediamo benissimo al buio!
Betta spalancò i grandi occhi e sbirciò sul ramo vicino. Verissimo: anche al buio poteva vedere i suoi quattro fratellini appollaiati sul tronco. Papà, il maestro di volo, stava mostrando loro come allargare le ali.
– Sì che è pericoloso: almeno per noi bambini, che siamo principianti! – disse Betta ostinata. – Potrei schiantarmi contro un albero!
Invece di rispondere, la mamma le appioppò una beccata sulla testa. Si era mai vista una civettina più pigra, sfacciata e impertinente di lei? Betta però si difese:
– Non sono pigra! Domattina, alla luce del giorno, svolazzerò quanto mi pare e piace…
Betta era convinta che di giorno, quando il verde del bosco si risvegliava sotto i raggi del sole e tutti gli uccelli si davano il buongiorno cantando, era possibile fare qualsiasi cosa. Volare, poi sarebbe stato uno scherzetto! La notte, invece, con la sua ombra misteriosa, era fatta per chiudere gli occhi e appollaiarsi nel nido.
– Accidenti alla grandine! – gridò Betta, che da quando un chicco di grandine l’aveva presa in piena zucca odiava le grandinate. – Io di notte voglio dormire in santa pace!
In quel momento il nido traballò pericolosamente come scosso da un forte colpo di vento. Papà era arrivato ad ali spiegate e si era posato davanti a lei. Sembrava arrabbiatissimo!
– Sei una civetta! – tuonò minaccioso alla piccola Betta. – E da che mondo è mondo le civette vivono di notte!
‘Che scalogna essere nata civetta!’ pensò Betta. Però non disse niente per paura di papà.
Papà non tirava beccate come la mamma, ma il suo tono cupo e severo metteva la pelle d’oca anche a lei, che non era affatto un’oca ma una piccola civetta. Così saltellò fuori dal nido e seguì papà sul ramo scolastico. I suoi fratellini avevano già cominciato coi primi esercizi e sbattevano le piccole ali facendo la spola da un ramo ad un altro. Filippo era addirittura riuscito a raggiungere l’abete di fronte. Si stava già dando un sacco d’arie.
– Visto pivellini? – disse ai suoi fratelli.- Io posso già andare a caccia da solo!
– Il solito primo della classe! – borbottò Betta.
Ad un tratto Filippo avvistò un topolino che passeggiava sulla radice della quercia.
– Sei finito, topastro! – gridò, gettandosi in picchiata dal ramo.
Ma papà non gli aveva ancora insegnato l’atterraggio, e Filippo ruzzolò malamente ai piedi dell’albero, andando a finire a capofitto in un cespuglio d’ortica. Intanto il topolino aveva già tagliato la corda. I fratelli si misero a sghignazzare, mentre il povero Filippo frignava che si sentiva andare a fuoco le piume della testa. Betta allora sgranò gli occhi e gridò:
– L’avevo detto io: volare al buio è pericolosissimo!