Arianna e la settimana bianca
Francesca Capelli
Da “Io e il mio bambino – speciale 0-14” – Marzo 2008 – Sfera Editore
Che cosa c’è di più divertente di una settimana bianca con i compagni di classe? Quando la maestra di Arianna annunciò alla classe che sarebbero partiti per una vacanza sulla neve, in un centro per ragazzi in Trentino Alto Adige, dai banchi si alzò un boato di gioia.
Quel giorno, per l’agitazione generale, non fu possibile fare la verifica di matematica, prevista da settimane. La maestra, per avere un po’ di attenzione, dovette fare una lezione di geografia dedicata alle montagne, una di scienze per spiegare il fenomeno della neve e una di ginnastica presciistica nell’ora di educazione fisica. Arianna propose anche di intonare dei cori alpini, come lezione di musica, ma la maestra la fulminò con un’occhiataccia e la bambina capì che era meglio piantarla lì.
“Speriamo solo che Fulvio Caroppo non ci rovini la vacanza a tutti”, disse quella sera Arianna al suo amico Gennaro. Fulvio Caroppo era il bullo della classe, un ciccionazzo prepotente che se la prendeva con quelli meno grossi di lui, cioè tutti. Mentre Gennaro-il-papero-mannaro era un rarissimo esemplare di papero che nelle notti di luna piena bussa alla finestra della cameretta dei bambini in difficoltà, per aiutarli. Già in passato aveva suggerito ad Arianna come liberarsi di Fulvio Caroppo e insieme gli avevano dato una bella lezione. Ma Caroppo aveva la memoria corta e di tanto in tanto Gennaro doveva intervenire per rinfrescargliela.
“Stai tranquilla, in caso di bisogno verrò da te”, aveva detto Gennaro ad Arianna, ed era volato via.
Purtroppo i timori di Arianna si avverarono tutti. Nei primi due giorni, Caroppo fu più insopportabile del solito. Faceva lo sgambetto agli altri bambini con le racchette mentre erano in fila per la funivia, terrorizzava i compagni di camerata perché gli dessero il loro pranzo al sacco, minacciava i compagni del corso di sci perché lo lasciassero vincere alla gara di slalom, che si sarebbe svolta alla fine della settimana. Come se non bastasse, metteva il dentifricio negli scarponi delle bambine. Ma soprattutto, Caroppo aveva preso di mira Arianna, che era molto più brava di lui a sciare ed era la superfavorita nella gara di slalom. Caroppo non avrebbe mai sopportato di farsi battere da una femmina, figuriamoci da Arianna…
Una notte, mentre tutti nella camerata dormivano, Arianna sentì bussare al vetro della finestra. Era Gennaro, anche se lì per lì non lo riconobbe, perché per paura del freddo di montagna si era tutto imbacuccato con un cappottone e un colbacco. Gli aprì e lo fece entrare.
“Ah, sei tu?”, disse Arianna.
“E chi dovevo essere, secondo te?”, rispose burbero Gennaro.
“Non saprei, con questo colbacco, pensavo… Un cosacco del Don…”.
“Non scherzare”, ribatté Gennaro. “Esiste un ramo russo della mia famiglia. Mio cugino Gennaro il Terribile è molto meno simpatico di me. Ma insomma, non distraiamoci! Mi sembra di capire che tu abbia bisogno di aiuto”.
“E’ vero”, ammise Arianna. “Fulvio Caroppo è insopportabile. L’altro giorno ha pure cercato di farmi cadere sulla pista. Terrorizza i più piccoli, ci ruba il pranzo al sacco, insomma sta rovinando la vacanza a tutti”.
Gennaro ascoltò in silenzio, poi – con aria solenne – disse: “Ebbene, ho la soluzione che fa per te”.
E aggiunse, rivolto verso la finestra aperta: “Rufus, vieni dentro!”.
Con un salto, un enorme felino bianco dagli occhi gialli entrò nella stanza.
Arianna per la sorpresa fece un passo indietro.
“E questo chi è?”, chiese.
“Come, chi sono”, rispose il felino. “Sono Rufus, il gatto delle nevi”.
“Un gatto delle nevi?”, fece Arianna. “Ma il gatto delle nevi non è un vero gatto, è una motoslitta che va sulla neve”.
Rufus gonfiò tutto il pelo e soffiò ad Arianna, tanto che Gennaro dovette intervenire.
“Rufus, non fare così”, disse. Poi, rivolto alla bambina: “Su questo punto è molto suscettibile. Si offende facilmente quando lo scambiano con una moto da neve. Anche tu ti arrabbieresti al suo posto”.
Arianna ammise che era vero e allora Rufus le fece un cenno con il muso, come per dire che la questione per lui finiva lì.
“Rufus vuole aiutarti”, disse Gennaro ad Arianna.
“E come?”, domandò lei.
“Tu non ti preoccupare, farò la mia parte”, le rispose Rufus e con un salto uscì dalla finestra, seguito in volo da Gennaro, sebbene un po’ appesantito dal cappotto e dal colbacco.
Il giorno dopo, Arianna e i suoi compagni tornarono sulle piste. A dire il vero, le piste si svuotarono subito dopo l’arrivo di Fulvio Caroppo. Nessuno voleva correre il rischio di ritrovarselo di fianco in una discesa. E Caroppo era felicissimo di avere tutto lo spazio per sé. Stava prendendo velocità quando si accorse che sulla neve, davanti a sé, si era formata una specie di una cunetta e che la cunetta sembrava muoversi, anzi si era mossa, si era proprio girata e si era trasformata in una specie di enorme gatto bianco con gli occhi gialli che lo fissava ruggendo e mostrando denti più affilati di quelli di un leone.
Caroppo si spaventò a morte, cerco di frenare, ma ormai era troppo veloce. Perse l’equilibrio, cadde e iniziò a rotolare e mentre rotolava gli si attaccava la neve addosso, e più neve raccoglieva, più rotolava. Alla fine si fermò alle porte del paese, dove era in corso una gara di sculture di ghiaccio. Vinse il primo premio come migliore pupazzo di neve della stagione e passò il resto della settimana a letto, intirizzito e raffreddato, giurando e spergiurando che era stato inseguito da un enorme gatto delle nevi. Non era una motoslitta, ma un gatto vero. Nessuno gli fece caso, a parte le maestra che chiamò il dottore, pensando che stesse delirando per la febbre alta.
Inutile dire che Arianna e gli altri bambini si divertirono moltissimo senza di lui. Nemmeno i suoi “fedelissimi” Ugo e Timoteo (gli altri due bulli della classe) vollero restare a fargli compagnia e preferirono andare a sciare. E alla fine a vincere la gara di sci fu proprio Arianna.