Bimbi di Cuore
Testo di Lia Brunetti - Illustrazioni di G. Galbiati - Edizioni Gino Conte Milano
Leggiamo insieme: Bimbi di cuore di Lia Brunetti
C’era una volta in una casetta di montagna, nascosta fra i castagni, una tranquilla famigliola. Il babbo faceva il boscaiolo lavoro faticoso e Nanduccio aiutava il padre a portare l’ascia.
Loretta aiutava la mamma nelle piccole faccende domestiche.
La mamma rigirava la polenta nel paiolo e la piccola aiutava a deporre gli arnesi del lavoro.
Com’era felice Loretta quando verso l’imbrunire spiava dalla finestra il ritorno del babbo e del fratellino!
Bello il risveglio al mattino: il sole indorava le alte cime dei monti e gli uccelletti graziavano il Creatore… Nel bosco Nanduccio si ingegnava a segare i tronchi più grossi di lui!
Erano davvero felici. Ma una sera il ritorno non fu lieto come il solito. Il babbo era malinconico e taciturno: non si sentiva bene! Il bosco non udì la bella canzone del boscaiolo. Il pover’uomo pensava: “Che sarà dei miei figliuoli e della mia donna se mi ammalerò sul serio?”. Era come un presentimento… Già l’autunno era alle porte e cominciava e scarseggiare il lavoro in montagna.
Che tristezza a tavola quella sera! I bimbi mangiavano in silenzio e la mamma non riusciva a mandar giù un boccone: gravava su tutti il malessere del babbo.
E passarono i giorni, le settimane: la neve fece la sua apparizione e invece di rallegrare come negli anni scorsi, accrebbe la malinconia della povera famigliola, perché il babbo peggiorò.
Il pover’uomo si trascinava a stento sulle gambe e spesso si accasciava pensieroso sulla panca. La mamma piangeva desolata; il cuoricino dei bimbi si stringeva dal dolore nel veder soffrire i loro cari.
E un triste mattino il babbo non si alzò. Che ansia per tutti! Altro che risvegli di albe dorate, altro che canto di uccellini: cosa sarebbe stato il domani?
Cadevano larghi fiocchi di neve e pareva che scendessero fino al cuore agghiacciandolo. La mamma accanto al letto del babbo, il volto nascosto tra le mani, singhiozzava. Ché fare? I piccoli, silenziosi, pensavano… e non esitarono su ciò che volevano fare.
Raccolsero le loro poche cose nel sacco di montagna e decisero di andare in città a vendere le caldarroste.
Avrebbero chiesto aiuto al buon zio Pulì.
E andarono. Quei due cuori generoni di bimbi erano sorretti dalla fede nella Madonnina che pareva benedirli dall’alto della sua nicchia.
Cammina cammina, arrivarono in città.
Trovarono lo zio Pulì sulla porta di casa che udendo i loro casi e le loro intenzioni restò commosso: “Verrete
a dormire qui da me, bambini, su, allegri”.
Procurò loro un fornello, un cestino di carbone e i marroni.
Tanto per cominciare…
Scelsero un canto di strada più frequentato e lì piantarono il fornello e le provviste.
Che freddo però! Ma Nanduccio e Loretta pareva non sentissero il freddo; erano riscaldati dalla fiamma che ardevo nei loro cuoricini; pensavano al sollievo di babbo e mamma. Un giorno si fermò una vecchina tutta tremante di freddo e disse: “Che gelo! E ho tanta fame; bimbi cari!”. Tutto premuroso Nanduccio le offri di scaldarsi e Loretta le porse un cartoccio di castagne.
Il buon tempo delle fate!…
La vecchina era una di quelle fato buone che girano il mondo in cerea di bambini come Nanduccio e Loretta. Ella fu commossa da tanta generosità spontanea e volle compensare i due bimbi lautamente. Chiese dei loro genitori e al sentire che loro due se ne stavano al freddo per mandare un po’ di denaro al babbo ammalato, prese Loretta per mano e la condusse a casa sua.
Che casa, bambini! D’altronde la casa delle fate non può essere che bella, e quella era splendida! La fata disse a Loretta: “Vieni con me in solaio, voglio farti un bel regalo”. Salirono finché arrivarono sotto il tetto. La fata aprì un forziere pieno di pietre preziose: diamanti, perle, rubini così scintillanti da abbagliare.
“Prendi ciò che vuoi” disse la fata “è tuo il tesoro. E qui c’è anche una medicina che farà bene al tuo babbo, ne avrà subito beneficio”.
Loretta ubbidì felice e dopo essersi profusa di ringraziamenti, corse dal fratellino. Immaginarsi la sua gioia!
Radunate le loro robe e congedatisi dallo zio, ripresero la via del ritorno. Non più tristezze, non più incertezze. Avevano con loro tante gemme e tanto oro e ciò che più contava la portentosa medicina: quando il babbo fosse guarito importava loro ben poco della ricchezza.
L’essenziale la salute e il lavoro.
Tornarono a casa, furono tra le braccia della mamma, del babbo. Questi, presa che ebbe la medicina si sentì liberato da ogni male.
Che buona cena quella sera! Polenta condita con la bontà, col sacrificio, con la riconoscenza.
Immaginarsi che squisitezza!
Auguro a tutti voi, bimbi, che nel vostro mondo vi siano ancor oggi tanti Nanducci e Lorette dal cuore grande così, per la gioia delle mamme dei babbi e di ogni famiglia.