Il canto delle Aquane

Fulvia Degl'Innocenti

“Ricorda sempre, Agostino: per nessuna ragione al mondo devi avvicinarti alla riva del fiume che ribolle”.
Con queste parole la madre, ogni estate, sette giorni e i sette giorni il 22 luglio,festa della luna, metteva in guardia suo figlio di dieci anni quando usciva per andare a giocare. E così facevano le madri di Giovanni, Lodovica, Paolo, Letizia, Roberto…
C’era infatti un’ansa del fiume, circondata da rocce muschiose e tronchi di salice e robinie, dove l’acqua in quel periodo faceva strani giochi. Sembrava ribollire e volere risucchiare tutto quello che incontrava per trasportarlo sul fondo dove, si diceva, vivessero le Aquane, creature crudeli fatte d’acqua, che spiavano le corse dei bambini, i canti delle lavandaie, le grida dei pescatori, invidiose di quella vita così colorata al punto da volerne catturare il segreto e portarlo nel loro regno. Si diceva che tra tutti gli uomini esse preferissero i bambini: e in effetti in luglio accadeva di quando in quando che qualche bambino scomparisse vicino al fiume, ma nessun corpo era stato mai restituito dalle acque.
Agostino aveva sempre obbedito, ma anno dopo anno la sua curiosità cresceva. Voleva tanto incontrare le Aquane e decise che l’avrebbe fatto durante la notte, mente i suoi genitori dormivano. Era appena scoccata la mezzanotte quando scivolò silenziosamente fuori dal letto e uscì da casa dirigendosi verso il fiume. Non dovette neanche accendere la candela che aveva portato con sé perché era una notte di luna piena e le acque del fiume luccicavano argentate al riflesso della luce lunare.
Agostino si sedette sulla riva del fiume a osservare incantato i giochi dell’acqua. Poi, nel silenzio della notte, cominciò a levarsi un coro melodioso:
“Addi, addi bascapè, sciuri sciuri, meschinè”
Il coro ripeteva senza sosta queste parole misteriose e a un certo punto Agostino, che aveva una bella voce, pensò di rispondere a quel canto con un’altra strofa che gli sgorgò di colpo dal cuore:
“Oli, oli preteri, lisci lisci, margari”.
I due versi si alternarono a lungo e tutte le creature del fiume, i pesci, gli uccelli, le lepri selvatiche, le lucciole si radunarono in quel luogo partecipando al canto. Poi il coro delle acque si placò. Gli animali uno dopo l’altro scomparvero. La luce delle acque divenne ancora intensa, la superficie del fiume si increspò. Si alzarono le onde e presero la forma di fanciulle trasparenti, color della luna e vestite di alghe e di muschio. Una di loro si avvicinò ad Agostino e restò, dritta e tremolante come la fiamma di una candela, sul confine tra le acquee la terra:
“Io sono Aurora, la regina delle Aquane. In nome di tutte io ti ringrazio per il canto che ci hai offerto. Prima di questa notte gli uomini ci hanno temuto e maledetto, e tu sei stato il solo a essere nostro amico. Non è colpa nostra, ma della luna, se tanti bambini sono stati rapiti dal fiume. In questo periodo dell’anno, durante il giorno, quando la luna è nascosta dal sole, la sua forza magnetica è irresistibile e noi stesse, che durante il resto dell’anno vegliamo su di voi,non possiamo fare nulla per difendervi. Devi sapere che la nostra unica gioia è spiare la vita degli uomini e quando nessuno più si avvicina al fiume, come in questi giorni, noi consoliamo la nostra solitudine cantando”.
“Dolci Aquane, io vi prometto che anche nelle notti di luglio non sarete mai più sole”, disse Agostino
Il giorno seguente parlò del suo incontro con i bambini del paese. La notte successiva erano in molti a rispondere al canto della Aquane. E così accadde per i sette giorni seguenti, fino a quando i genitori, insospettiti, decisero di seguire i figli. Grande fu la loro meraviglia quando, nascosti tra i cespugli, videro le creature argentate cantare insieme con i bambini. E rapiti da quella scena anche loro si unirono al coro.
Fu così che da allora, ogni anno, c’è una notte d’estate durante la quale lungo le rive del fiume si canta e si balla per ringraziare le Aquane, che per tutto il resto dell’anno proteggono gli uomini dalle insidie della luna.

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