La bella e la bestia
Sigfrido ci manda una fiaba di sua composizione (12 gennaio 2001).
La bella e giovane cerbiatta stava passeggiando tranquilla in mezzo alla foresta. Nulla sapeva del leone che la stava spiando, acquattato nel buio, aspettando il momento giusto per azzannarla.
Le sue membra si muovevano con grazia: flessuose, morbide; i suoi zoccoli sembravano non toccare neanche il terreno.
Il suo manto, bianco e fulvo, riluceva baciato dai raggi del sole che si insinuavano fra le folte chiome degli alberi.
Le sue ciglia sbattevano lente e ammaliatrici, lasciando intravvedere due grandi occhi scuri, profondi come l’abisso di un oceano e pur splendenti come le stelle del cielo.
Ritmicamente, come guidato da una musica segreta, il suo collo si piegava dolcemente, e la sua bocca si schiudeva per raccogliere i teneri germogli che crescevano ai bordi del sentiero.
Lentamente, ma inesorabilmente, quasi fosse spinta da una forza soprannaturale, la cerbiatta si avvicinava al punto in cui era nascosto il leone.
Questi, i muscoli del corpo in tensione, lo sguardo fisso davanti a sé, era completamente immobile e concentrato.
Non una foglia si muoveva intorno ad esso, solo il soffio del suo respiro ed il calore del suo corpo stavano a testimoniare la presenza di un essere vivente, ma quando la cerbiatta se ne fosse accorta sarebbe stato troppo tardi.
I due animali, ormai, si trovavano a pochi metri l’uno dall’altro; il leone poteva già sentire l’odore inebriante della sua prossima preda, e ciò gli faceva ribollire il sangue nelle vene.
Ad un tratto la cerbiatta si fermò, come se avesse avuto un presentimento, ed alzò la testa, fissando i suoi occhi in direzione del leone. La belva, allora, si apprestò a saltare: le sue possenti zampe posteriori si premettero sul terreno ed un piccolo rametto si spezzò sotto di esse, con un suono secco ed acuto; la cerbiatta lo udì e torse il busto per scappare, ma il leone, ormai, le era già sopra.
La cerbiatta cadde pesantemente a terra, schiacciata dalla mole del leone; il feroce felino la teneva attanagliata al suolo con le zampe anteriori.
L’enorme bocca del re della foresta si avvicinò alla gola della cerbiatta e stava già per squarciarle la giugulare, quando essa aprì le palpebre.
Il leone vide i suoi profondi occhi scuri: un mondo gli si spalancò di fronte ed esso vi ci si perse dentro.
Allora si videro la cerbiatta ed il leone camminare insieme incontro al tramonto.