La casetta nel bosco

Sanja Rotim

La casetta nel boscoRoberta viveva in un paese di montagna nelle vicinanze di un bosco folto e pittoresco. Come la maggior parte dei suoi compaesani amava molto le sue montagne e specialmente quel bosco che era affascinante in ogni stagione. Aveva solo dieci anni ma sapeva già distinguere i funghi velenosi da quelli commestibili grazie agli insegnamenti del papà. Sapeva i nomi di tutte le specie degli alberi e degli uccelli di quel bosco e spesso lì giocava con il suo fedele cagnolino Bobbi.

Ogni giorno per andare a scuola doveva attraversare quello che spesso definiva “il mio bosco”. La mamma si raccomandava sempre che non uscisse dal sentiero per non correre il rischio di perdersi. Roberta pensava di conoscere quella zona come le sue tasche e lo diceva alla mamma, che comunque era sempre in pensiero e preoccupata che sua figlia potesse incontrare qualche malintenzionato oppure che qualche animale pericoloso. “Certo mamma, starò attenta”, la rassicurava Roberta dicendole di stare tranquilla. Ma un giorno Roberta disubbidì alla madre. Era una bella giornata di sole ed era andata nel bosco con un cesto di vimini per raccogliere i funghi. Quando era sola sapeva che doveva stare sempre vicino al sentiero, ma quel giorno c’era un sole che splendeva luminoso e un’aria tersa e profumata e lei, come incantata, si inoltrò un po’ troppo all’interno del bosco, perdendo la cognizione del tempo.

“Uccellino, come canti bene. E tu, scoiattolo, dove vai così di fretta? Coniglietto, sei così buffo. Lumaca, lumachina…” Le piaceva parlare con gli animali e forse li invidiava un po’ perché in quel bosco ci vivevano. Parlando e canticchiando così notò in lontananza un camino dal quale usciva del fumo. “Ma, c’è una casetta lì”, si disse meravigliata. “Chi può abitare qui, magari il guardiano del bosco?” si chiese stupita. La casetta era ancora lontana. Si avvicinò di più e rimase ancora più affascinata. Non aveva mai visto in vita sua una casetta così carina. Era fatta di legno e aveva le finestre a forma di cuore. Il tetto era di un rosso vivace e sulle pareti della casetta si arrampicava una pianta d’edera rigogliosa. Intorno c’era un giardino pieno di piantine profumate. “È incantevole”, pensò allegramente. “Sembra una casa delle fiabe. Devo vedere chi ci abita”, si disse incuriosita. Si avvicinò e sbirciò dalla finestra, ma rimase delusa quando vide una vecchietta con un naso aquilino che stava cucinando qualcosa in un enorme pentolone. “Che brutta”, pensò Roberta e poi si vergognò di quel pensiero. I genitori le avevano sempre spiegato che non si devono giudicare le persone dall’aspetto fisico. La vecchietta la vide e Roberta imbarazzata si spostò velocemente per nascondersi. Sapeva che non era educato sbirciare nelle case altrui. La vecchietta tirò fuori la testa dalla finestra e le disse: “Dai, vieni, non aver paura. Ti faccio vedere la mia casa”.

Roberta notò che aveva soltanto un dente in bocca. Cercò di nuovo di non pensare quanto fosse brutta. Le sembrava scortese non accettare l’invito e in più era proprio curiosa di vedere l’interno di quella deliziosa casetta. Così accettò ed entrò. Non vide però che la vecchietta aveva usato la chiave per chiudere la porta e poi l’aveva infilata nella tasca del suo grembiule con discrezione. Roberta si guardava intorno. La casa aveva qualcosa di magico ma anche strano e non capiva il
perché di quell’impressione. Scambiò qualche parola con la vecchietta. Le spiegò che spesso andava nel bosco a raccogliere i funghi notando che fissava il suo cesto. “Va bene, ragazzina. Adesso dalli a me che mi è venuta voglia di mangiarli”. Il suo tono di voce improvvisamente divenne scortese e Roberta si spaventò un po’. “Va bene, glieli lascio volentieri, tanto io posso raccoglierli sempre”, le disse. Lanciò lo sguardo all’orologio e esclamò: “Ma sono già le cinque, dovevo essere già a casa da un po’”, afferrò la maniglia della porta per uscire ma si rese conto che era chiusa a chiave.

Dove vorresti andare, curiosona?” disse la vecchia ridacchiando. “Ti presenti qui così all’improvviso a curiosare dentro casa mia e poi vorresti andare via quando ti pare. Non si fa così. Qui sono io a dettare le regole”. Roberta vide i titoli dei libri che erano allineati sugli scaffali. Tutti libri di magia nera, in quell’attimo capì che quella vecchietta era una strega. Se solo avesse ubbidito alla mamma! Guardò di nuovo verso l’orologio sulla parete e capì cosa c’era di sovrannaturale in quella casa. L’orologio aveva occhi umani. Si muovevano a destra e a sinistra e sbattevano le ciglia. Sembrava che quegli occhi implorassero aiuto. Poi vide incredula che il tavolo aveva gambe che si muovevano e anche le sedie sembrava avessero braccia umane. Intanto la strega ridacchiava forte con un’espressione maligna.

“Ah, ah, ragazzina. Stai guardando i miei mobili. Una volta erano persone ma sono stati troppo curiosi, proprio come te.” Roberta notò che le pentole avevano come manici orecchie umane. Stava per svenire dalla paura. “Tu adesso rimani qua e finisci di prepararmi la cena. Devo andare a cercare le mie piante. Dovresti anche spolverare un po’. C’è un letto per te nella stanza piccola”, le ordinò la strega. “Ma domani devo andare a scuola! E poi se non torno a casa verranno a cercarmi. Sanno che sono da qualche parte del bosco e il mio cagnolino mi troverà di sicuro”, le disse Roberta piangendo. “Hai un cane? Allora questo è un problema. Sei più sveglia di quel che credevo. I cani sanno fiutare tutto e bene. Allora c’è un cambio di programma. Tu domani dopo scuola vieni qui. Ai genitori dirai che le lezioni dureranno di più. Farai quello che ti dirò di fare e poi tornerai a casa”.

Quando Roberta sentì che la strega l’avrebbe lasciata andare si riprese dallo shock. “Vedi quei topi lì?” le disse la strega indicando quattro topi nell’angolo sul pavimento che Roberta non aveva notato prima. “Anche loro una volta erano persone. Se fai una parola con qualcuno tu e la tua famiglia compreso il tuo cane sarete trasformati in topi”. “D’accordo, d’accordo”, disse Roberta e scappò spaventata dimenticando il cesto con i funghi.

Quando tornò a casa Bobbi le saltò addosso leccandola sul viso. La mamma e il papà sembravano agitati. “Ma Roberta, eravamo preoccupati. Come mai ci hai messo così tanto tempo?” le chiese la mamma, sembrava più un rimprovero che una domanda. “Mamma, c’erano così tanti funghi, non ho resistito, continuavo a raccoglierli”, disse e diventò tutta rossa in faccia. “E dov’è il cesto? Roberta, che cosa ci nascondi?”. Ma Roberta non volle raccontare della strega, era troppo spaventata a causa di quei topi. Così disse che si era fermata con un’amica a giocare nel bosco e le aveva regalato i funghi e che il cesto, glielo avrebbe restituito domani. Roberta passò il resto della giornata con Bobbi, che notò la paura nei suoi occhi. Roberta dimenticò di dire ai genitori che dal giorno dopo le lezioni sarebbero durate due ore più del solito, come le aveva suggerito la strega. Era troppo impaurita e così il giorno successivo, dopo la scuola, si diresse nuovamente verso la casa nel bosco. “Buongiorno”, disse educatamente Roberta pensando che fosse meglio trattare quella megera con gentilezza. “Eccoti qui, curiosona. Ti stavo aspettando. Devo andare in cerca delle piante che utilizzo per le mie pozioni magiche. Ma a te che cosa interessa questo?”, la strega si mise a ridere mostrando ancora una volta la sua bocca sdentata.

“Mi dica che cosa devo fare. Non posso trattenermi tanto, mi cercheranno altrimenti”. “Hai detto ai tuoi che ti fermavi di più a scuola?” le chiese la strega. Non voleva avere delle sorprese. “Sì, sì, l’ho detto”, Roberta era quasi sicura di averlo fatto. “Bene. Adesso finisci di girare questa pozione per almeno mezz’ora. Dopo spolvera tutta la casa, scopa il pavimento e rifai il mio letto. Per oggi basterà”.“Posso andare via dopo aver finito o devo aspettarla finché ritorna?” le chiese Roberta. “Solo quando hai finito tutto puoi andartene. Se cercherai di imbrogliarmi ricordati i topi. E poi ci rincontreremo domani alla stessa ora. Adesso devo andare, le giornate si sono accorciate”, disse la strega, avviandosi verso la porta. Roberta rimase a fare quello che le aveva ordinato la strega. Gocce di sudore le scendevano lungo la fronte mentre girava la pozione che stava bollendo nel pentolone. Nel guardarsi in giro ancora intimorita venne attratta particolarmente da un libro dal titolo “Rompere l’incantesimo”. La tentazione di prenderlo e aprirlo era forte, ma si ricordò di nuovo dei topi, non poteva rischiare così tanto. Continuò a fare i mestieri sempre preoccupata e spaventata.

Intanto a casa di Roberta i genitori e il suo cagnolino Bobbi si chiedevano come mai non fosse tornata ancora da scuola. Non era da lei tardare ancora così tanto. Telefonarono a qualche sua amica e scoprirono che le lezioni erano terminate da un bel po’. Iniziarono a preoccuparsi pensando anche al giorno precedente quando si era comportata in modo strano. “Bobbi, dobbiamo andare a cercare Roberta. Tu di sicuro riesci a portarci da lei, riconosci il suo odore”, gli disse il padre di Roberta. E infatti per Bobbi non fu difficile trovare quella casetta nascosta nel bosco fiutando il terreno. Avrebbe trovato la sua padroncina anche se fosse finita a migliaia di chilometri. Entrarono subito in quella casa. Roberta sobbalzò dallo stupore. “Papà, Bobbi, che cosa ci fate qui?” “Piuttosto tu che cosa ci fai qui?”, dal tono della voce si capiva che il padre era deluso dal comportamento della figlia e molto preoccupato. “Papà, non ti arrabbiare, ma dovete andarvene da qui prima che torni lei”, disse singhiozzando. “Lei chi?” chiese il padre. “Non posso dirlo papà, forse un giorno vi potrò spiegare tutto. Vi prego andatevene”, Roberta si mise a piangere. Poi il papà vide quei libri sulla mensola. “Sei finita nelle grinfie di una strega!”, adesso anche lui sembrava spaventato e Bobbi abbaiava forte. “Andatevene papà, sennò succede un disastro”, continuava a piangere. “Non se ne parla nemmeno. Tu vieni via da questo posto qualsiasi cosa ti abbia detto la strega.” Bobbi iniziò a tirarla per i pantaloni e il padre la afferrò per una mano. Stavano per uscire ma all’improvviso l’orologio iniziò a battere le ore così forte come non aveva mai fatto prima. Allora Roberta si ricordò delle persone sotto incantesimo e anche il padre notò gli occhi umani dell’orologio.

“Diamine, che roba è questa? Un orologio umano?” Roberta gli indicò anche il tavolo e le sedie, le pentole e i topi nell’angolo. “Sono tutte persone, papà.”
“Allora non possiamo abbandonarle. Ma non possiamo portarli con noi. Come si fa?” Roberta gli indicò un libro sulla mensola. Il padre lo prese e iniziò a sfogliarlo frettolosamente. “Far bollire l’acqua con dieci foglie d’edera e ripetere cinque volte: sciogli l’incantesimo.” “Ci siamo quasi, Roberta, bisogna raccogliere dieci foglie d’edera”. Si era accorta che al papà tremavano le mani. Roberta uscì e prese le foglie d’edera dalla pianta che adornava la facciata della casa. Mentre l’acqua nel pentolone raggiungeva l’ebollizione Roberta in fretta raccontò tutta la vicenda al papà. “Adesso non c’è tempo per i rimproveri. Dai, l’acqua sta bollendo. Butta dentro le foglie e ripetiamo insieme queste parole”. Mentre loro ripetevano cinque volte “sciogli l’incantesimo” il cagnolino continuava ad abbaiare. All’improvviso si sentì un boato e la casa si riempì di fumo. Gli oggetti si trasformarono in persone e pure i topi.

“Scappiamo, la strega può tornare da un momento all’altro”, disse Roberta. “Bisognerebbe trovare il modo di renderla innocua, in caso contrario farà ancora del male ad altre persone”, disse un signore che poco prima era un tavolo. “E come si fa?” chiese il padre di Roberta. “Ci sarà spiegato forse in quei libri. Una volta ho intravvisto il titolo di una pagina mentre lei teneva il libro e cucinava”, disse una ragazza, l’ex-pentola. “Ti ricordi che libro era?” “Aveva una copertina marrone.”
“Qui ci sono tanti libri con la copertina marrone. Vediamo, cercate tutti, svelti”, li incitò un altro signore che prima era un topo. Così trovarono quello di cui avevano bisogno. Dovevano sbriciolare dieci foglie di ortica e ripetere dieci volte: “Strega sei stata ma un topolino sei diventata”. “Poveri noi, non troveremo mai le foglie di ortica”, dissero in coro due ex-topi. Invece Roberta vide dei contenitori in vetro con all’interno tanti tipi di erbe. Nonostante il bruciore
alle mani causato dalle ortiche, riuscirono appena in tempo a disperdere nell’aria le foglie sminuzzate e a pronunciare le parole magiche perché si udì la strega ritornare canticchiando: “Tra-la-la-la, tra-la-la”. Sembrava allegra, ma appena varcata la soglia si trasformò in un topolino e anche la sua casa svanì. Il brutto topastro scappò nel bosco squittendo. “Finalmente siamo liberi!”, dicevano i presenti. Avevano tante cose da raccontare.

Da questa storia Roberta imparò a non disubbidire più alla mamma e di parlare subito ai suoi genitori se le dovesse capitare che qualcuno che la tratti male o la minacci. Riuscì a superare questa brutta esperienza perché aveva capito l’importanza di farsi aiutare nei momenti difficili dalle persone che le sono vicine e le vogliono bene. Ora continua la sua vita allegramente tra la scuola e il bosco dove da allora va sempre in compagnia del suo fedele cagnolino.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Dove vuoi andare?