La principessa Isaura

Rita manda questa fiaba (22 febbraio 2002).

Re Carlo e la sua giovane consorte, la regina Elisabetta, vivevano in un piccolo regno tranquillo, tra monti maestosi e vegetazione rigogliosa. Vaste distese pianeggianti, con le più svariate coltivazioni di frutta, erano attraversate da torrenti limpidi; graziose casine colorate erano circondate da giardini fioriti.
Un lunghissimo viale, immerso nel verde, conduceva al castello reale. Tra gli alberi spiccavano le bianche torri con il tetto rosso e a punta, come pure rosse erano le numerosissime finestre.
Era un reame felice: unico cruccio, la mancanza di un principe ereditario. La Regina Elisabetta non riusciva ad avere figli e, sebbene il buon Re Carlo non lo desse a vedere, dentro di sé era profondamente dispiaciuto.
Aveva consultato i più insigni dottori. La diagnosi era sempre la stessa: sua moglie era sana ed in grado di procreare. Ma ciò non avveniva. La Regina, pur di dargli un erede, decise di rivolgersi alla strega del reame. Era una vecchia signora che abitava ai confini del regno. Non faceva del male a nessuno, ma preferiva vivere appartata. Sul suo conto giravano strane voci: che fosse una maga capace di prevedere il futuro e di guarire le malattie con intrugli a base di erbe, da lei stessa preparati. Così la giovane regina, un po’ titubante, si trovò a bussare alla sua porta.
“Ti stavo aspettando”, disse l’anziana signora. “Sapevo che prima o poi saresti venuta da me, è scritto negli astri”.
La Regina Elisabetta pensò che probabilmente stava facendo una sciocchezza, comunque entrò. C’era un gran disordine e un odore di muffa. Un gatto nero, seduto su una logora poltrona, la guardava sornione. “Il tuo matrimonio è molto solido”, proseguì la vecchina, “e da questa unione nascerà una bambina. Ma non dimenticare mai, ogni sera, prima di dormire, metti in un bicchiere d’acqua tre gocce di questa pozione, finchè tua figlia non sarà nata”.
La giovane Regina tornò al castello e si sentì stranamente rassicurata. Ogni sera prendeva le sue gocce e attendeva fiduciosa che qualcosa avvenisse. Passarono i giorni e finalmente accadde il miracolo: aspettava un bambino. La notizia immediatamente si diffuse in tutto il regno e furono organizzati grandi festeggiamenti. Il re avrebbe avuto un erede.
Era ormai giunta all’ottavo mese di gravidanza e perciò decise di non prendere più le gocce della vecchina: di lì a poco avrebbe partorito e pensò di non averne più bisogno.
Durante una delle solite passeggiate con la sua dama di compagnia cominciò ad avvertire dolori violenti all’addome. Cadde a terra e perse i sensi. Immediatamente fu portata nel suo letto e visitata dai dottori del reame: il bambino stava nascendo prima del tempo. Re Carlo era preoccupatissimo e camminava in su e in giù per il lungo corridoio, mentre la regina strillava dal dolore. Poi ci fu un grande silenzio, finchè un vagito risuonò nel castello. La profezia si era avverata: era nata una bambina. Purtroppo c’erano state delle complicazioni per cui la Regina, a seguito del suo malore, non poteva avere più figli. La principessina Isaura, questo era il nome scelto dal Re, sarebbe stata l’’nica erede della famiglia reale. Fu coperta subito di mille attenzioni e cure.
Sfortunatamente la Regina non aveva latte e il medico di corte suggerì di fare allattare la neonata da una balia.
Immediatamente si cercò nel regno una donna che avesse partorito da poco. Donna Ersilia aveva appena avuto un figlio, Edoardo. Re Carlo la invitò a trasferirsi al castello e fu fatta sistemare col suo bambino nell’ala riservata agli ospiti. In orari prestabiliti, la principessina veniva portata dalla balia per essere allattata.
Re Carlo e la Regina Elisabetta vigilavano con apprensione sulla crescita e sulla salute dell’unica figlia e non le facevano mancare nulla. Aveva tantissimi giocattoli e continuavano a regalargliene ancora. Così finì per non guardarli più. Adorava invece giocare con Edoardo. Insieme correvano a perdifiato lungo i giardini reali ed,esausti, si sdraiavano sull’erba a guardare le nuvole dalle forme bizzarre e su di loro inventavano storie fantastiche di cavalieri alati che combattevano con mostri malvagi. Edoardo li raffigurava già con tratto esperto, come se fosse un disegnatore adulto. E isuoi disegni erano davvero belli.
Donna Ersilia ben presto cominciò a preoccuparsi del fatto che Isaura trascorreva tanto tempo con suo figlio e, temendo di infastidire Re Carlo e la Regina, ne parlò con loro e decise di mandarlo a studiare in collegio.
Per la principessa Isaura iniziò così un periodo triste e di solitudine. Trascorreva le sue giornate passando da un precettore all’altro, i suoi unici amici erano i disegni lasciati da Edoardo.
Re Carlo e la Regina Elisabetta non si davano pace perché la loro unica figlia non sorrideva più da quando il suo compagno di giochi se n’era andato. Così pensarono di farlo tornare al castello.
Edoardo era un ragazzo vivace, amante della libertà, perciò nel frattempo era fuggito dal collegio e nessuno sapeva dove fosse finito, neppure sua madre.
Ormai Isaura era diventata una bellissima ragazza, ma non aveva un buon carattere: era scontrosa, sempre più viziata e capricciosa. Abituata ad avere tutto ciò che voleva non era mai contenta di nulla. Non aveva amici e Re Carlo temeva che rimanesse zitella. Così decise di organizzare un grande ballo per trovarle marito. Furono invitati i giovani più ricchi e nobili dei regni vicini che facevano a gara per invitarla a ballare, tant’era bella. Ma lei non si divertì e non sorrise mai.
Il giorno dopo Re Carlo convocò i migliori dottori affinchè visitassero sua figlia temendo che avesse chissà quale male. Questi suggerirono di farle cambiare ambiente, forse con un clima più caldo la principessa sarebbe stata meglio.
Così Isaura fu mandata nel collegio più prestigioso di un regno che si affacciava sul mare.
Era un ambiente aristocratico e molto formale. Ben presto si stancò anche di quel posto e divenne ancora più triste.
Un caldo pomeriggio primaverile si affacciò alla finestra della sua stanza, il sole le scaldava la pelle e anche il cuore, l’odore dell’aria le ricordava quello dei giardini del suo castello, quando con Edoardo faceva lunghe corse sfrenate e si distendevano tra l’erba a inventare storie e a disegnare. Il suo compagno di giochi le mancava terribilmente. Gli unici momenti di vita felice erano quelli che aveva trascorso in sua compagnia. Senza riflettere, come se seguisse un lontano richiamo, uscì furtivamente dal collegio e si diresse verso la scogliera. Trovò una spiaggia dalla sabbia argentata. Si tolse le scarpe e cominciò a correre, come ai vecchi tempi. Si sentì serena. Stanca si distese e lasciò che il sole le colorisse le guance mentre pensava intensamente ad Edoardo. In lontananza scorse un uomo assorto a dipingere un tramonto. Incuriosita lo raggiunse. Aveva una borsa piena di disegni e gli chiese se poteva dargli un’occhiata. Erano molto particolari e pieni di colori.
“Li ho acquistati da un giovane ragazzo con grande talento” – esclamò lo sconosciuto. “Mi sembra si chiamasse Edoardo”. Il cuore cominciò a batterle forte forte. “Dove posso trovarlo?” Gli domandò. “E chi lo sa. Giorni fa era qui che dipingeva”.
Isaura decise che sarebbe tornata lì tutti i giorni.
Così fece l’indomani e per un mese intero, senza perdere la speranza. Finchè un pomeriggio una anziana signora le si avvicinò mentre passeggiava sulla spiaggia. “Lunga e tortuosa è la strada che conduce alla felicità. Dovrai inevitabilmente percorrerla se vorrai ritrovare Edoardo”.
“Ma chi sei ?” domandò Isaura sorpresa.
“Tua madre venne da me tanti anni fa perché non riusciva ad avere figli. Io la aiutai anche se poi non volle seguire i miei consigli fino in fondo. Per questo non ha avuto altri bambini e ti ha coperto di troppe attenzioni facendo di te un’ infelice. Ora ascoltami bene: se vorrai tornare a sorridere dovrai superare prove di volontà e di coraggio”. E dette queste parole immediatamente scomparve.
Si era fatto tardi e Isaura rientrò in collegio, un po’ turbata da quell’incontro. Ma non si scoraggiò.
Tornò lì il pomeriggio successivo e vide il solito signore stavolta intento a terminare un quadro inquietante, che raffigurava un mare in tempesta. “Non è mio”, disse l’uomo “l’ho acquistato alcuni giorni fa, dal giovane autore che mi ha venduto i disegni che hai visto ieri. Gliel’ho pagato in anticipo perché aveva bisogno di soldi. Mi aveva promesso che l’avrebbe finito ed invece non so che fine abbia fatto. Questa mattina una anziana signora me l’ ha lasciato davanti al mio negozio ed è fuggita via.
Isaura si avvicinò di più per guardare meglio il disegno: mancavano ormai poche pennellate. Il cielo grigio si confondeva con il mare. Onde altissime si infrangevano tra loro, sembravano reali. Il suo sguardo era inspiegabilmente attratto da quel dipinto e mentre lo fissava intensamente si sentì risucchiare da esso, come se fosse inghiottita da una tromba d’aria che la avvolgeva a spirale. Per alcuni istanti si trovò sballottolata in quel mare in tempesta e udì la voce di Edoardo che la chiamava. Si sentì sprofondare sempre più, finchè non lo vide. Era rinchiuso in una vecchia torre, sorvegliato da due uomini che avevano una pinna al posto delle gambe. “Sono io,Edoardo” gridò Isaura, mentre si trovò catapultata proprio davanti alle guardie.
Con meraviglia si accorse che queste non la vedevano e neppure la sentivano. Udivano solo Edoardo e pensavano che il prigioniero fosse impazzito dal momento che aveva cominciato a parlare da solo.
“Mentre dipingevo sulla spiaggia questo mare in tempesta sono stato risucchiato da una forza invisibile proveniente dal mio disegno che mi ha trascinato sempre più a fondo, fino al regno della perfida Regina Alma”. Le raccontò Edoardo.
“Proprio come è successo a me mentre guardavo il tuo quadro! Ma perché ti hanno chiuso qui dentro?” Chiese Isaura.
“Perché non voglio sposare la figlia della Regina Alma, la giovanissima principessa Ines. Sua madre in cambio mi ha promesso che alla sua morte sarò l’unico re di questi fondali. Ma io non voglio rimanere. In questi giorni di prigionia ti ho pensato intensamente….” E si interruppe. Non ebbe il coraggio di dirle che era lei la fanciulla che amava e perciò non avrebbe sposato nessun’altra.
“Vedrai, in qualche modo ti tirerò fuori di qui!” affermò Isaura decisa.
E si diresse dritta al castello della Regina Alma. Con grande stupore si accorse che respirava tranquillamente in quel regno sottomarino, come se fosse stata un pesce.
Quel posto era molto diverso dal reame dove era vissuta lei. Non c’erano casine graziose con giardini curati, ma costruzioni malmesse con le mura coperte da una strana vegetazione. I sudditi, metà uomini e metà pesci, avevano uno sguardo arrabbiato e non sorridevano mai. Il castello reale era imponente ma cupo, di colore grigio. All’ingresso c’era un grande stemma raffigurante una piovra. Passò davanti alle sentinelle ed anche queste non la videro. Salì una lunga scalinata e si trovò di fronte un corridoio con tante porte. Le tornò in mente il suo castello così pieno di fiori e di colori. Si fermò davanti ad una stanza, incuriosita dal pianto di una fanciulla. Sbirciò dentro e distesa sul letto vide la principessa Ines che singhiozzava disperatamente. Era più giovane di quanto immaginasse. Sua madre, accanto a lei, con voce stridula urlava: “ Se non la smetti di piangere farò rinchiudere anche te nella torre. Ormai è deciso: tu sposerai Edoardo!”.
“Ma io non lo amo” sussurrò la principessa che da sempre era segretamente innamorata di un giovane abitante di un regno vicino.
“Tu farai ciò che per te è stato deciso, come hai fatto fino ad oggi. Prima di morire tuo padre ha espresso la volontà di avere, quale suo erede, un re intelligente e forte come Edoardo. E così sarà! Domani avranno luogo le nozze”. E uscì dalla stanza sbattendo violentemente la porta.
Isaura non potè fare a meno di notare la differenza tra questa regina e sua madre che le parlava sempre con dolcezza e la copriva di mille attenzioni, attenta ad ogni suo desiderio. Le venne una grande nostalgia. Capì che era stata davvero sciocca a non apprezzare ciò che aveva. Ed ebbe compassione per la principessa.
Tornò immediatamente da Edoardo. “Sono stata al castello” gli disse “Domani dovrai sposare la principessina Ines. Abbiamo solo poche ore di tempo per impedirlo”.
“Vai a chiedere aiuto alla strega del reame, laggiù in quella grotta” le suggerì Edoardo. “Nessuno le si avvicina perché temono i suoi poteri, ma con me è stata gentile: mi ha portato dell’acqua e del cibo”.
Isaura si precipitò da lei e non appena la vide riconobbe subito la vecchia signora che aveva incontrato sulla spiaggia.
“Brava Isaura” le sorrise soddisfatta “hai superato prove di coraggio e di tenacia per trovare il tuo Edoardo. Ora hai bisogno di questa”. E tirò fuori una bottiglia di vetro piena di sabbia. “Pochi granelli trasformeranno qualsiasi cosa in sabbia”. Isaura intuì subito l’uso che poteva farne e si diresse dritta al castello della regina Alma. Era con Ines e le mostrava l’abito da sposa che avrebbe dovuto indossare. La principessina aveva gli occhi gonfi da quanto aveva pianto. Isaura aprì la bottiglia e gettò pochi granelli del suo contenuto sui capelli della regina la quale immediatamente si trasformò in una statua di sabbia. Poi corse via a liberare Edoardo. Ridusse anche i suoi sorveglianti in statue e finalmente potè riabbracciarlo. Mano nella mano i due ragazzi si allontanarono velocemente dalla torre e mentre correvano ad Isaura cadde la bottiglia di vetro che le aveva dato la vecchina. L’intero contenuto si disperse nel fondale del regno. Piano piano tutto intorno a loro diventò di sabbia e si ritrovarono sulla spiaggia, accanto al signore che aveva finito di dipingere il quadro di Edoardo. Sulla riva un giovane ragazzo e una fanciulla avevano costruito un castello di sabbia con uno stemma raffigurante la piovra. Riconobbero la principessina Ines che rideva felice.

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