Una nuova amica per Arianna
Francesca Capelli
Da “Io e il mio bambino – speciale 0-14” – Numero Giugno 2007 – Sfera Editore
“Arianna, puoi fermarti un momento qui con me?”.
La campanella era già suonata e Arianna stava uscendo con i suoi compagni. E quando la maestra le chiedeva di fermarsi di solito c’erano guai in vista.
Arianna prese in esame le diverse possibilità:
1) Avrà scoperto che ho fatto copiare il compito di matematica a Leo?
2) Avrà scoperto che Leo mi ha fatto copiare il compito di storia?
3) Avrà scoperto che sono stata io, ieri, a incollare pagina per pagina il quaderno di Fulvio Caroppo?
Fulvio Caroppo era il bullo della classe e Arianna aveva capito che l’unico modo per difendersi dalle sue prepotenze era giocare d’astuzia.
Nessuna delle previsioni di Arianna era giusta, perché la maestra voleva soltanto chiederle un favore.
“Un favore? A me?”
“Certo”, rispose la maestra. “Domani arriverà in classe una nuova compagna. Straniera. Vorrei che la aiutassi ad ambientarsi”.
“E da dove viene?”.
“Dalla Romania”.
La mattina dopo la maestra presentò a tutta la classe la nuova allieva, poi le disse di sedersi vicino ad Arianna. La bambina, che si chiamava Daculia Nosferatu, aveva i capelli scuri, era pallidissima ed era tutta vestita di nero, compreso un paio di occhiali da sole che non si toglieva nemmeno in classe. Lì per lì Arianna pensò che fosse la sorella minore di Marylin Manson, o comunque una seguace di qualche moda punk-dark-heavy-metal. Ma Arianna era anche una bambina molto intelligente e non le fece domande indiscrete. Si limitò a spiegarle come funzionava la scuola, dove stavano la mensa e la biblioteca, le indicò i bidelli gentili e quelli da cui era meglio stare alla larga e soprattutto le disse di non farsi intimidire da Fulvio Caroppo e dai suoi due amici Ugo e Timoteo. Certo, erano grandi e grossi e si divertivano a spaventare gli altri bambini. “Ma se ti danno fastidio, dimmelo, che ci penso io”. C’era stato un tempo, infatti, in cui Caroppo, Ugo e Timoteo si divertivano a prendere in giro Arianna e a rubarle la merenda, ma avevano smesso dopo che lei aveva preparato un panino-bomba per loro, riempiendolo di pepe, peperoncino, senape, ketchup, zucchero, miele, sale, marmellata di prugne e di albicocche, dentifricio.
“Sei molto gentile”, disse Daculia alla sua nuova amica, appoggiandole la mano su un braccio. E Arianna rabbrividì, perché la mano era ghiacciata.
Il giorno dopo Arianna invitò la sua amica a fare i compiti a casa sua. A metà pomeriggio la mamma si affacciò alla stanza, chiedendo alle due bambine che cosa volessero per merenda. E Daculia chiese pane e marmellata di ciliegie e succo di pomodoro.
“Che strani gusti”, pensò Arianna. Ma siccome era una bambina MOOOLTO intelligente, non fece nessuna domanda.
“Simpatica la tua amica”, disse la mamma di Arianna dopo che Daculia se n’era andata. “Però, almeno in casa, gli occhiali neri poteva toglierseli”.
“Dice che la dà noia la luce”, spiegò Arianna.
A essere sinceri, Daculia era strana davvero. La maestra assegnò un tema su come avrebbero voluto passare le prossime vacanze e tutti i bambini scrissero che il loro sogno era andare in qualche isola tropicale, mentre Daculia disse di amare i posti umidi e piovosi, vicino alle paludi. Nell’ora di disegno, i bambini dovevano fare il ritratto del loro animale preferito e Daculia disegnò un pipistrello, anzi un intero sciame di pipistrelli, con le ali nere e il corpo peloso, che anche la maestra restò un po’ sconcertata, a dire la verità.
Ma la cosa più strana accadde il giorno in cui Daculia arrivò a scuola con l’apparecchio per i denti. “Certo, ti dona molto”, le disse Arianna. “Ma non capisco perché te l’hanno messo. I tuoi denti sono drittissimi”.
“E’ per i canini”.
“Ma quelli sono i più dritti di tutti”.
“Infatti, serve a storcerli. E’ una tradizione di famiglia”.
Arianna, che era una bambina molto, ma molto, ma MOOOLTO intelligente non fece altre domande.
Arrivò il momenti in cui fu Daculia a invitare Arianna. “Mia madre dice che puoi restare anche a dormire”, le disse.
Dopo uno scambio di telefonate tra mamme, fu stabilito che Arianna avrebbe passato la notte del sabato a casa dell’amica. Trovare l’indirizzo non fu facile. Il papà di Arianna si perse un paio di volte nella nebbia, prima di arrivare a un vecchio cancello arrugginito. “Sei sicura che è il posto giusto?”, chiese alla figlia prima di suonare il campanello.
“Guarda, c’è scritto ‘Nosferatu’, devono essere loro per forza”. E in quel momento il cancello si aprì.
“Beh, ciao”, disse il papà. “Ti vengo a prendere domattina”.
La casa di Daculia, almeno all’interno, si rivelò molto più accogliente. E soprattutto, fu accogliente la famiglia di Daculia. I genitori ringraziarono Arianna per avere aiutato tanto la figlia ad ambientarsi a scuola. Il fratellino piccolo, Roman, mostrò alla bambina tutta la sua collezione di ragni, pipistrelli, serpenti e topi di gomma. Ma fu il fratello maggiore, Vlad, a colpire Arianna, con quell’aria da bel tenebroso e i capelli neri tirati indietro con i gel.
“Ti piace mio fratello, eh?”, chiese Daculia all’amica, che diventò tutta rossa.
E a proposito di rosso… La cena sembrava dedicata a quel colore: pasta al sugo, fettine alla pizzaiola, insalata di pomodori e, da bere, succo di pomodoro. E una fantastica crostata alla marmellata di ciliege.
Al momento di andare a dormire, Daculia chiese ad Arianna: “Ti danno noia i rumori di notte?”.
“Che tipo di rumori?”, chiese Arianna.
“Mmm, beh… Sai, rumori tipo pesanti catene trascinate per terra”.
“E chi li fa?”.
“Il mio trisnonno… Se fosse vivo avrebbe 150 anni…”.
“Un fantasma?”.
“Diciamo così… Tanto hai capito, no?”.
E allora, per Arianna, fu tutto chiaro. Il succo di pomodoro, i pipistrelli, gli occhiali neri in pieno giorno, l’apparecchio per storcere i canini”.
“Ma allora siete dei vampiri! E mi hai invitato qui per mordermi e trasformarmi in vampira come te!”.
“Macché”, rispose Daculia. “Siamo vegetariani da generazioni. Beviamko solo succo di pomodoro. Come potrei tradire la mia migliore amica? Ma neanche tu mi tradirai, vero? Non racconterai a scuola il mio segreto?”.
“Certo che no”, disse Arianna tutta seria e le due bambine si strinsero la mano e decisero di firmare, proprio quella notte, un patto di sangue tra loro. E per firmare, ovviamente, usarono la salsa di pomodoro.